venerdì 19 dicembre 2008

Tradizione di Natale II


Il ciclo d'inverno anche chiamato i dodici giorni dura dal soltizio d'inverno (21 dicembre) fino al giorno dell'epifania è quello che reggi nella Galizia, oltre a essere l'inizio dell'anno liturgico, é caratterizato dalle ceremonie natalizie precristiane tramandate da secoli che sono celebrate in un intorno familiari e domestico, tra cui si trova: Il Ceppo di Natale (Cepo do Nadal), c'è un'antica referenza nella costituzione numero 6 del sinodo del 1541 scritta da Antonio de Guevara in cui ne considera un rito diabolico e gentilesco e invita a scomunicare tutti quei che lo praticono.Tuttavia questa tradizione di buttare un grosso pezzo di legno al fuoco è in vigore e universale, ad esempio la cultura anglossasone ha o aveva l'abitudine di brucciare "the yule log" (no il dessert per carità) lasciandolo ardere dalla notte del 24 Dic fino all'epifania, ovvero il popolo basco che incenerisce diversi legni dei quali uno è di grande dimensione che lo tirano fuori il giorno di capodanno e tutta la famiglia lo balza sopra dicendo "rogna fuori", quindi questo rito può avere un'origine di purificazione e le cui cenere servono da guarigione di certe malattie ad esempio la febbre. Forse anche l'appendere luci sull'albero di natale abbia qui la sua origine.

Alcuni folcloriste attribuiscono questa esaltazione del fuoco alla credenza che il giorno di natale l'intorno familiare era visitato dall'anime dei loro esseri ormai scomparsi, perciò bruciavano più legno del solito e altri dicono che l'ignizione del legno doveva durare tutto l'anno, cioè, doveva essere acceso tutti i giorni se pur si spegnesse con lo scopo di accendere il legno dell'anno seguente ovvero accenderlo i giorni cattivi per scongiurare il male.

Insomma nella mitologia galiziana il Fuoco è considerato proprio come un dio, un essere con coscienza, e se gli guarda come dispensatore di benessere, il vincitore delle tenebre e del male, perciò non deve mancare a casa, la seconda caratteristica del fuoco, leggasi ceppo di Natale, sono le sue virtù magiche, anzi le sue cenere sono conservate a talismano e persino sono usate come concime nel campo. Oggi però il tizzone è diventato una candela.

martedì 16 dicembre 2008

Tradizione di Natale I

Una figura mitica del Natale galiziano, un po' dimenticata, si chiama *O Apalpador*. Tradizione precristiana delle comarche d'alta montagna di O Caurel e Os Ancares che ha un stretto rapporto con altri miti europei quali lo Olentzero basco, il Babbo d'inverno, Zio anno nuovo o il proprio Babbo Natale, cioè, ha le stesse caratteristiche apotropaiche come annunciatore di fortuna e protezione. Questo gigante montanaro d'aspetto burbero e di mestiere carbonaio(gz.:carvoeiro) e cacciatore di cinghiali di cui si alimenta indossa zoccoli, basco e giaccone rammendato abita negli alti pascoli e nella notte della vigilia di capodanno ne scende ai villaggi col proposito d'introdursi nelle camere da bambini poveri a palpare le loro pancine controllando se vivono ben nutriti e se ne va lasciondogli una manciata di caldarroste per l'anno venturo e come ricordo della sua visita.

sabato 13 dicembre 2008

Il Villaggio maledetto

Si dice che la parrocchia di Leiro, nel comune di Rianxo(C) è luogo fertile in fatture e leggende, infatti una di loro ci riferisce il *castigo divino* che provocò lo sterminio di tutto il popolato di Abuín chiamato anche il villaggio maledetto a causa del praticare tregende (alquelarre) dai suoi vicini, ma non si sa ancora cosa gli era successo a questo insediamento dimesso tra XIV e XVI secolo. L'unico certo è che i suoi vicini furono sopraffatti dal panico, si crederono puniti da una maledizione(meigallo) avendo persino levato croci(cruceiros) dappertutto per allontanare il maldocchio, ma non riuscirono a respintere la peste e i pochi superstiti scapparono via dalla moria.
Oggi appena rimangono in piedi tra alberi e macchie i muri fatiscenti di tre case e chi sa se sotto questi resti si nasconde il tesoro che secondo una leggenda indusse la fuga, un tesoro rubato dai vicini quando assalirono il monasteiro da Armenteira e poi consegnato al prete del paese perché lo nascondesse, all'indomani il prete apparve morto e in seguito anche alcuni abitanti del borgo morirono, la credenza d'una maledizione, quindi, dilagò. Insomma altre versioni contano che il prete custode nascose un calice rubato presso la chiesa di Leiro e se qualcuno lo scopri subirà la condanna, altre storie narrano che furono i popoli nordici i colpevoli della misteriosa scomparsa, infatti Abuín è situato in una zona isolata in alto lontana dai saccheggi perpretati dai vikinghi che sorcavano il fiume Ulla, però questo privilegiato colle non servì ai suoi abitanti di scampare dalla peste che forse sia la teoria più vera di quanto era succeso.
La sciagura della peste che uccidò oltre 25 millioni d'europei nel XIV-essimo secolo arrivò a questa comarca dal porto di O grove e si diramò velocemente. Lo scrittore galiziano Castelao raccolse sul suo libro *Cousas* diverse vicende tra quali il racconto intitolato *Camiño Esquecido* che ci parla di questo villaggio dimenticato.

mercoledì 10 dicembre 2008

Per il sentiero del nord


Trabada(LU) è il nono comune bagnato dal mare Cantabrico piazzato nella sponda sinistra della Ria di Abres nel confine con l'Asturie, questa zona alberga luoghi di grande bellezza naturale e paesaggistica che conformano gli intorni fluviali e boschivi ad esempio il Salto Pé da Viña.
I Castro e menhir attestano il suo passato preromano come il Marco da Pena Verde che già apparve descritto sul diploma del Re Silo dell'Asturie come incrocio di cammini.
Anche l'arte sacra risalta, sono numerose le chiese e cappelle che ci sono, come il tempio di Vilaformán che ha un retablo del 1735 ovvero quello di Vilapena la cui cappella maggiore ha un retablo barroco e altro del XVI secolo, nella parrocchia di Sante c'è una cappella consacrata a San Bricio dove c'è un'immagine su un retablo neoclassico di questo vescovo, santo e discente di San Martín de Tours.
Riguardo all'archittetua civile ci sono parecchei case blasonate e Pazos come Terrafeita adesso allestito a ostello rurale.
Il sentiero della costa da Ribadeo ha un svincolo verso Trabada, ma l'itinerario PR-G85 di 10 km. ripercorre questa folta boscaglia verso la vetta di Pena Gorda in cui godere delle belle viste delle valle di Vilaformán e Vilapena

domenica 7 dicembre 2008

Pieghevole(Leaflet) XVIII: Museo Archeologico di Cambre

La sistemazione in un museo del giacimento archeologico romano sito di fronte al Monastero di Santa María a Cambre(C) ci riporta oltre la spiegazione particolareggiata dei resti ritrovati in questo luogo, la Romanizzazione della Galizia. I diversi scavi qui realizzati che furono scoperti casualmente nel 1998 durante la costruzione di edifici, hanno permesso ambientare quello che fu una Villae (villa romana rurale) ed esporre i diversi materiali reperiti come frammenti di ceramica sigillata e resti di affreschi, datata del III secolo, aveva un vano assegnato a dimora del patrone e l'altro era forse destinato alle attività agropastorali.
L'insediamento di queste case ordinate lungo un terrazzamento a diverse quote formavano un vero impianto termale, durante gli scavi sono state rilevate varie di queste terrazze fluviali, la più alta corrispondeva ad un Caldarium-acqua calda- in seguito veniva un Tepidarium-acqua tiepida- e l'ultimo livello, dove adesso è il museo, era un piccolo Frigidarium o Balneum a pianta rettangolare, coperto a volta e dotato di vasca colorata in bianco. La volta era ornata da soggetti marini affrescati su sfondo blu di tal modo che rispechiavano sull'acqua della piscina fungendo il mare e le pareti erano decorate da cassettoni(cenefas) di motivi geometrici su stucco come rombi, imitazione di marmo, triangoli e motivi vegetali. La presenza di una canalizzazione fa ipotizzare sulla presenza anche di latrine, infatti uno dei ambienti del museo ci mostra l'importanza dello sfruttamento dell'acqua come risorse ludica ed igenica quanto agricola.

giovedì 4 dicembre 2008

Il Labirinto del Pindo


L'intricata geografia del monte Pindo nel comune di Carnota(C), il quale è stato ribattezzato da Otero Pedrayo come l'Olimpo Celta, sempre ha dato vita a misteri, leggende e scaramanzie nel raggiungere la sua cima di quasi 650 metri.
Realmente lo scenario invita all'avventura, una zona situata di fronte alla foce del fiume Xallas piena d'elementi naturali che attirano il marcitore, dalla tonalità rosata delle sue pietre cangianti dal dorato al viola man mano che il sole lo sorvola, inoltre nell'inverno apparve fantasmagoricamente tra la nebbia ricordando che qui c'è un belvedere dal quale avere una suggestiva veduta delle valle che lo circondano da Fisterra a Muros, alla ammaliante disposizione del pietrame che sembra volere tuffarsi sull'ocenao e alle diverse leggende che da qui nascono che parlano di un castello, adesso in rovina, del X secolo nel luogo detto Peñafiel buttatò giù dagli Irmandiños in cui c'è una roccia con la scritta: "Re, vescovi, prebiteri e tutti con poteri recivuti da Dio sono stati scomunicati qui in questo castello".
In questa zona succedono degli smarrimenti che aggiungono misteriosità a questo scenario, ma a dire il vero la nebbia e la calata della notte possono essere le cause principali della perdita dell’orientamento dei camminatori, però è anche vero che per raggiunggere la vetta chiamata *Laxe da Moa* non ci sono sentieri segnalati perché la si puó vedere a semplice vista. La durata della scalata è di due ore su un terreno riempito di fosse, crepe e faglie rocciose.

Dal punto di vista ambientale il Pindo ha un elemento differenziatore, unico nella Galizia: La quercia nana che è protteta perchè una specie a rischio di estinzione.

lunedì 1 dicembre 2008

Il Palazzo di Sober

A Sober(LU) c'era un rottame edilizio, nella parrocchia di Proendos, che lo chiamavano *il palazzo*, difatti quel accastamento di pietre non appariva neanche sul catalogo degli edifici storici galiziani, ma una famiglia madrileña se n'è presa cotta e hanno adesso incominciato il suo restauro, e smacchiandolo i vicini si sono reso conto di cos'è, il Pazo più grande della Galizia una mole da 4mila mq e tre livelli che nascondeva ben due casseri(torres del homenaje) alquanto insolito in questi tipi di palazzi, così utilizzando blocchi di pietra della zona e travi di castagno d'O Incio a seconda le norme di Patrimonio ci si sta costruendo perché non era reato approffitare i materiali delle case dimesse quali balaustrate, cornici foggiate, pilastri, presenti ormai nell'architettura locale, la spoliazione non faceva distinzione neanche sulla storia che cinge le mura di questo palazzo del Val de Lemos.
Lemos molto prima di dare il suo nome a questa comarca, fu stato il cognome di uno dei suoi abitanti chiamato Vasco López de Lemos sull'anno 740, l'edificio cominciò a crescere intorno a d'una antica torre e poi un suo figlio Lope López descise ingrandirlo, dopo nacque Fernán López che secondo la leggenda fu chi rilasciò 12 delle 100 ancelle che aveva sequestrato il Re Mauregato delle Asturie, questo episodio nella storia della famiglia le valse vantare il suo stemma araldico di 13 torte rosse invece d'una.
I Lopéz de Lemos avevano persino una trentina di fortificazioni delle quali rimagono individuate tre a Ferreira, Sober, e a Amarante. Nell'anno 1466 un succesore della casa Diego de Lemos passò alla storia per essere uno dei capi della *Revolta Irmandiña* insieme a Pedro Osorio e Alonso de Lanzós, artefici della riscossa della città di Lugo tra altri avvenimenti.
Diego insorse contro il suo padre Alfonso López de Lemos e contro lo stesso Conte de Lemos (da un lignaggio più recente) al quale ingiunse di scappare dal suo castello di Monforte verso Benavente, Diego dopo destrusse anche la stessa torre di Sober in cui aveva nato e quando si dirigeva a Ferreira incontrò il suo padre Alfonso il quale vinse dopo una larga battaglia e obbligò il suo figlio a rinchiudersi nel palazzo. Il palazzo continuò crescendo e nel XIX secolo fu annessa una piccola cappella, poi il palazzo passò alle mani dei Gayoso del Pazo de Oca e più tardi ai Medinaceli.

lunedì 24 novembre 2008

Il cammino a fumetti

Ad Ottobre 2007 nacque, per caso, la casa editrice El Patito al rendersi conto i suoi ideatori che non c'erano nella Galizia editorie in grado di riprodurre le loro storiette, riempiendo quindi il vuoto che ne esisteva dando anche sopporto ai disegnatori e scrittori di fumetti della regione, soprattutto dopo la scomparsa di Golfiño l'unica rivista del genere in Spagna. Gli obiettivi della casa, appunto, sono pubblicare fumetti siano in galiziano siano in spagnolo oltre a recuperare storiette classiche galiziane.
Da questo impegno vede la luce, questo mese, la ricompilazione di fumetti d'avventura *Aventura en el camino de Santiago* creati nel 1996 dal soggetista e disegnatore Primitivo Marcos. Sono una serie di fumetti da delineamenti realisti che narrano il pelligrinaggio a Santiago d'una famiglia entro il XVIII secolo dal punto di vista d'una coppia di bambini prendendolo addirittura come un loro viaggio iniziatico. Dall'altra parte dell'avventure spassose che percorrono le diverse tappe del cammino dall' O Cebreiro i fumetti ci racconta il modo di vita nel medievo e le vicende derivate dall'intorno.

sabato 22 novembre 2008

Pieghevole(Leaflet) XVII: Museo Etnografico di Viana

La ricchezza di paessaggi è uno dei molti richiami che ha il comune di Viana do Bolo(OU), la cui storia è stata collegata al castello del XI secolo che in tempi medievali ebbe fuero e governo proprio, di quel palazzo soltanto rimane in piede il cassero o dongione (torre del homenaje) che sovrasta il paese, ma che i suoi vecchi muri albergano il *Museo Etnografico das Terras de Viana*. La torre, al pianterreno, ha un'interessante pinacoteca con dei dipinti di Nelson Zumel tra altri.
Tramite una stretta scala si salgono i tre piani della torre, al primo piano possiamo trovare fondi riguardo all'architettura populare, i manufatti di lino e lana di grande tradizione nella zona, e un vano ambientato sull'artigianato tradizionale come i mestieri del fabbro ovvero del zoccolaio, al fine di mostrarci la vita e costumi di questa comarca ourensana. Nel museo possiamo anche vedere l'ambientazione in dettaglio di un'antica cucina(gz.:lareira) in cui si svolgeva gran parte della vita domestica dei contadini con il paiolo(gz.:pote), il letto persino l'acquamanile.
La torre è anche un buon punto di partenza per far visita il paese che ha al centro una piazza maggiore, case blasonate, palazzi a balconata e anche una bella fontana.

giovedì 20 novembre 2008

Testoni

Oggigiorno il villaggio di Carril è un rione di Vilagarcia de Arousa(PO), ma fino all'anno 1913 fu proprio un comune e di quello si consevano ancora certe feste e tradizioni, com'è il caso della *Comparsa dei Giganti e Testoni* una ben accurata tradizione, difatti, questi figuroni costrutti all'incerca del 1870, forse da artigiani locali, stanno in ottime condizioni e le loro veste e addobbi(gz.:alfaias) sono arrangiate regolarmente. Ci sono 5 pupazzi enormi(gz.:cabezudos) fatti di legno, calcina, cartapesta e cuoio: il Re, la Reggina, la Negrita, il Pappamosche che ha un dispositivo il quale gli fa aprire e chiudere il muso, e il Poliziotto che può muovere gli occhi tramite un meccanismo guidato dal portatore ed è liggero in grado di rincorre i bambini per spaventarli.
Anche se escono in diverse festività la principale, dove sono i veri protagonisti, è quella che si tiene alla ricorrenza di San Fidel la prima domenica dopo il 25 luglio, partano quindi dal porto insieme agli zampognari percorrendo durante due ore le viuzze stipate di ragazzini accompagnati dai loro genitori e nonni che sono i bersagli delle loro rincorse e battute, soltanto si fermano in certi luoghi da rifocillarsi e danzare la Muñeira. Insomma un chiasso di singhiozzi, grida e risate in questa festa spaventosa.

martedì 18 novembre 2008

La Femminilità dell'Eroismo

Tutti gli anni ad A Coruña durante tutto il mese d'Agosto si omaggia a una galiziana d'onore con la *Festa de María Pita* che questo anno ha fatto coincidenza con un'altra festa *Crunia 1208* che commemora l'otto centenario della nascità della città. Però, Chi era María Pita al suo secolo *Mayor Fernández de la Camara y Pita*?.
A volte bastano pochi minuti per entrare nella storia, è così come la gran eroina della Storia di Galizia capitò nell'immortalità in difesa di quello che più voleva: la sua terra.
Incoraggiati dal disastro della *L'invencibile Armata* gli inglesi stanziarono 200 navi e 2omila uomini tra soldati, marinai e mercenari contro il Portogallo capeggiati dall'ammiraglio Norris e dal corsaro Francis Drake che al passo per le coste della Galizia decise assediare l'A Coruña, allora sprovvista di bastioni difensivi e istigando i corugnesi ad una frenetica corsa da sollevare presidi.
Il 4 maggio 1589, Drake riuscì a sbarcare alcune navi e avventandosi per la Ría arrivò alla città dove trovò una scarsa guarnigione commandata da D. Juan de Padilla, marchese di Cerralbo, tuttavia i corugnesi furono capaci di sconfiggere i corsari e affondare alcune navi dal Ponte di San Antón, ma diece giorni dopo i combatimenti corpo a corpo la lotta fa virata e quando un ufficiale inglese si appresta a ficcare la bandiera sulla muraglia apparve una donna, eccola!, María Pita, accanto al suo marito morto, poi arrabbiata da quello che vedette sfoderò la spada di un soldato moribondo e lanciò un gran urlo: "Chi ha onore, seguitemi !" allora si scagliò contro il portabandiera inglese la si strappò e lo ammazò. L'immagine di quella galiziana innalzando la bandiera nemica accennò l'inizio della fine degli invasori inglesi che se ne ritirarono lasciando tra di loro oltre 2mila compatrioti morti.
Quel avvenimento venne premiato dal Re Felipe II il quale le assegnò il grado e stipendio a vita di Alfiere de los Tercios e la liberò da albergare truppe, nonchè la licenza di esportare muli al Portugallo richiesto dalla propria María Pita in un famoso memorandum diretto al monarca in 1596.
Fino qui la storia, ma della vita di María Pita non si sa nulla neanche la sua data di nascita. Gran parte della sua vita è stata rifatta dai documenti giuridici degli oltre 35 processi che lei subì, l'ultimo nel 1596 quando venne stradata : la sua nascita dunque si stabilisce intorno il 1556 che fin da piccola aiuta nella pescheria familiare e sul campo dell'amore non ebbe fortuna maritandosi quattro volte, il suo secondo marito quello ripreso nella storica immagine era un macelaio e l'ultimo era Gil Figueroa *escudeiro da Real Audiencia de Galicia* e ebbe quattro figli. L'agitata vita di María Pita finisce all'improvviso a Cambre il 21 febbraio del 1643 lasciando sul suo testamento il suo desiderio d'essere seppellita a Santo Domingo de la Ciudad de La Coruña, è quanto raccoglie l'estratto di morte conservata nell'Archivo Histórico Diocesano de Santiago de Compostela.
Un'altra sua coetanea era María Soliña al secolo María Soliño. Trascorreva l'anno 1617 quando la città di Vigo fu assalita dalle navi berberi turche, ma gli attacchi pirati erano più intensi nella penisola di Morrazo in cui un gruppetto di donne assettarono la resistenza, tra loro María Soliña una pontevedresa di Cangas, ma invece che la corugnesa questa fu accusata di stregoneria, processata e condannata dall'Inquisizione che le strappò tutti i suoi beni ma la scampò dal rogo, comunque finì i suoi giorni nella miseria sola e pazza simboleggiando ancora oggi la sofferenza del popolo, in speciale delle donne.

domenica 16 novembre 2008

Pieghevole(Leaflet) XVI: Casa-Museo di Rosalía

Nel 1947 si creò il *Patronato Rosalía de Castro* a scopo di preservare e recuperare la *Casa da Matanza*, a Padrón(C) in cui la scrittrice galiziana visse gli ultimi anni della sua vita, morì in 1885, insieme suo marito Manuel Murguía , e dal 1972 questa casa che conserva la sua struttura originale è diventata il luogo del suo ricordo. Durante il percorso per la casa possiamo vedere numerose fotografie della poetessa e sua famiglia e amici, ricordi personali, scritti e molti oggetti della Galizia del XIX secolo. La casa è circondata da uno spledente e ripristinato giardino d'epoca e nel retro c'è un frantoio(gz.:lagar) e un edificio annesso sede del *Centro de Estudios Rosalianos* in cui si celebrano conferenze sul personaggio inoltre consultare i diversi volumini nella sua biblioteca.
All'interno dell'edificio sono otto le sale da visitare che fanno inoltrare il visitatore nel giorno dopo giorno dell'autrice del risorgimento galiziano. La prima stanza è dedicata all'opere di Rosalía de Castro in cui si trovano edizioni tanto in prosa come in verso insieme ai documenti esplicativi della sua traiettoria. La seconda è riempita da diversi oggetti della sua epoca tra distintivi di riconoscimento, pitture e busti, tra ambedue sale il visitatore può vedere il mobilio d'epoca, la cucina e biblioteca conservati intatti.

venerdì 14 novembre 2008

Fra Castagneti

Come al solito quando arriva la festività di *San Martiño*(11Nov.) per tutta la Galizia si celebra la tradizionale festa chiamata *O Magosto* la cui origine etimologica può essere Magnus Ustus(gran fuoco) o Magum Ustum(fuoco magico) , ma per festeggiarla, per lo più nei monti tra gli amici bisogna attingersi di castagne per fare le famose caldarroste perché un rito per esaltare il bosco, la vita, la amicizia e insomma la nostrana cultura.
Ma andiamo per ordine primo dobbiamo recarci ai castagneti(gz.:soutos) per raccogliere le castagne sgusciate e sdraiate per terra, poi battiamo il castagno con un lungo bastone(gz.:vara) affinché calino giù i ricci, ma fare attenzione i ricci si raccolgono con delle pinze chiamate fustes. Dopo avere la sporta piena di castagne dobbiamo smistarle quelle grandi saranno per il nostro consumo e le piccole e avariate per il bestiame in seguito portiamo i ricci agli affumicatoi(gz.:sequeiro o canizo) che sono costruzioni tradizionali in pietra a secco situate proprio al centro dei castagneti in cui i ricci, stese su un graticcio in legno, vengono sottoposti ad un trattamento di essicazione durante una o due settimane, per dopo fare la pigiatura(gz.:pisadura) a scopo di sgusciarne, in alcuni luoghi utilizzano un tipo di setaccio su cui versano i ricci faccendoli saltellare perché le buccie cadano, questo processo rende la castagna più soda e secca da conservarla durante tutto l'anno. Oggigiorno noi le compriamo già pronte per arrostirle, solo bisogna raccogliere il legno per preparare il braciere ed è anche una buona occasione per assaggiare il vino giovane, oppure restare a casa preparando:



Ci occore: 1/2 Kg di Castagne; Anice; 3 Albume; 1 Tuorlo; 150gr Zucchero; 150gr Burro; 1 Cucchiaino di Rum; 150gr Farina; 1 Cucchiaino di Lievito.

Prima di tutto dobbiamo fare le cadallesse, cioè, mettere le castagne con un piccolo taglio a lessare in una pentola con dell'acqua e anice durante mezz'ora, poi si sbucciano e tritano col frullatore.
In un altro recipiente si fa montare a neve gli albumi con dello zucchero, come al solito.
In un altro recipiente si mescola i tuorli con il resto dello zucchero, aggiungendo il burro e alla fine il rum, poi a questa mescolanza si va aggiungendo, a poco a poco, per primo le castagne tritate, la farina, il lievito e alla fine si buttano gli albumi montati; Sempre mescolando bene nella stessa direzione e con dei movimenti avvolgenti, dopo si versa la amalgama nelle forme di carta o di metallo spalmati con del burro senza riempirli fino all'orlo.
Si mettono le forme al forno preriscaldato durante 15-20 minuti a 170 ºC e dopo le si lascia raffredare. Buon Appetito!.

mercoledì 12 novembre 2008

Laguna di Cospeito


A Cospeito(LU) c'è una laguna(gz.:lagoa) chiamata anche di Valverde considerata oggi una delle paludi più importanti della Galizia, habitat di molte varietà d'uccelli palustri e vicino di lì sta all'insù la cappella *Virxen do Monte* visitata per tutti i fedeli della comarca di Terra Chá, ma tempi fa nella laguna ci fu un ridente villaggio chiamato, appunto, Valverde.
Secondo una leggenda un poverino uomo vi fa visita chiedendo essere ospitato per passare la notte, alcune voce diramarono che era la stessa vergine travestita, però nesssuno rimase intenerito di lui e non gli diedero retta. Lo sciagurato uomo allora si recò ad un casolare nelle periferie dello spietato paese dove abitata una poveraccia famiglia, ma in cui la dignità non mancava, quindi, il mendico fu accudito volentieri, poi come non c'era niente da mangiare la gentile famiglia descise sacrificare l'ultimo vitello che l'era rimasto per dare da cenare al povero ometto. Allora dopo cena l'ospite ordinò che l'ossa grandi fossero buttate in un buco e le piccole in un'altro.
Il giorno seguente ben di mattino, il povero incominciò a svegliare il patrone di casa perché andasse a mungere(gz.:munxir) le mucche e mettere i vitelli ad allattare, ma il patrone continuava a dormire senza dargli retta, però l'ospite continuava a stuzzicarlo finchè il patrono brontolando gli rispose:
"Ma che mungere!, uomino di dio, ma non sai che l'ultimo vitello è stato ammazzato ierisera" e il povero gli rispose: "È tanto vero che hai vitelli e mucche e che il villaggio di Valverde è sotto l'acqua".
E con queste parole l'ometto sparì e cominciò un acquazzone, poi il patrone e sua famiglia uscirono di casa e videro che il villaggio di Valverde era allagato dall'acque e corsero al buco delle ossa grandi dove trovarono delle mucche e nell'altro buco c'erano vitelli come aveva detto l'ometto.

PS.: Questa è una delle tante leggende sulla creazione della Laguna di Cospeito.

lunedì 10 novembre 2008

Il Neorealismo a Ferrol

La Fundación CaixaGalicia a Ferrol fino al 5 Gennario, ci offre la mostra *Neorealismo: la nueva imagen de Italia 1932-1960*, una raccolta di fotografie prese in quella vogliosa Italia che si sviluppava in mezzo alla povertà, dell'immagini rappresentative del movimento artistico che immortalarono la lotta a stenti che vissero gli Italiani prima e dopo il dopoguerra: il Neorealismo. La mostra si completa con delle riviste, giornali e frammenti di pellicole da intendere l'estetica di quel movimento storico scarso di risorse, pieno d'improvvisazioni, riecheggiamenti della vita nelle modeste località i cui vicini erano i veri personaggi di quella Italia che si destava.

Come in tutti i regimi l'arte è uno strumento idoneo per distogliere le vedute dalla realtà, ma in quelli anni durante la dittatura del Duce esordì il Neorealismo mettendo alla ribalta i veri riflessi della vita stessa, fu una resistenza coraggiosa e umile d'alcuni fotografi e registe attraverso le loro manifestazioni artistiche, infiltrando, a volte, dei messaggi subliminali negli scatti delle cronache commissionate dai quotidiani come Tempo o Omnibus, così il fotogiornalismo italiano imparò ad informare sull'odierno scampando la censura del regime e riscuotendo un certo successo tra la gente.

Fotografi di strada come Luciano Morpurgo, Fedele Toscani, Tino Petrelli, Mario Ingrosso, Federico Patellani tra altri accollavano le loro camere percorrendo e plasmando in bianco e nero le scene di vita, sofferenza e morte di quelle città e villaggi che a differenza della inaccessibile cinematografia era un modo alquanto caro di ribellarsi e di dare a conoscere la vera Italia.

sabato 8 novembre 2008

Pieghevole (Leaflet) XV: Museo di Bergantiños

A Carballo, capoluogo della comarca atlantica di Bergantiños, si trova questo museo di tematica etnografica. Attraverso i diversi ambienti tematici: l'acqua, la montagna, la religiosità, oppure i prodotti della terra, il visitatore fa un percorso dinamico e didattico percependo una visione generale del mezzo rurale e socioculturale della comarca, ma una sezione distaccata al museo è quella dedicata all'esaltazione del famoso pane DOP di Carballo che già nel XVI secolo godeva di prestigio nella Galizia grazie all'ottime raccolte di cereali e grano che si tenevano in questa zona, ingredienti immancabili secondo la ricetta tradizionale che desidera la farina ricavata essere macinata ai mulini del luogo come Cheda o Quinto e ammassata con l'acqua del fiume Anllóns, e addirittura essere cotta nei forni in pietra.
In questo edificio si trova anche l'AAST ovvero l'Ufficio di Informazione Turistica della Costa da Morte insieme all'otto sale in cui ci raccontano la storia di Carballo, la sua economia e il suo patrimonio naturale ed etnografico come lo spazio dunoso Razo-Baldaio e il fiume Anllóns, ma anche c'è una sezione dedicata all'illustre compaesano lo scrittore Alfredo Brañas.

giovedì 6 novembre 2008

Racconti da Muxía


Il Pellegrinaggio a San Jacopo di Compostella e in particolare il suo prolungamento a Fisterra e Muxía in provincia di Coruña sta vivendo la sua epoca dorata.
Dei pellegrinaggi fino alla fine del mondo ci sono diversi racconti scritti da secoli e in molti furono fatti dai pellegrini stranieri che visitavano la Galizia, quindi il Centro Italiano di Studi Compostellani di Perugia tutelato dal riconosciuto studioso del mondo Jacopeo: Paolo Gaucci von Saucken ha riedito un libro del pellegrinaggio che il francescano Gian Lorenzo Buonafede Vanti fece a Muxía i primi anni del XVIII secolo, questo volume è stato diretto da Guido Tamburlini. L'umanista Buonafede Vanti professore di teologia a Bologna pellegrinò tra il 30 aprile del 1717 e il 4 maggio del 1718, un anno durante il quale scrisse 12 lettere ad un suo amico raccontandogli con dovizia di particulari i luoghi per cui passava, rilevando l'importanza del culto alla *Virxe da Barca* a Muxía in una piccola e rovinosa cappella in cui i poveri fedeli che ci assistevano erano contadini, marinai e donne che vendevano pizzi al tombolo alla porte del tempio.

Questa venerazione si puó considerare, come in altri casi, una cristianizzazione d'un culto antico giacché la situazione del santuario su un capo affacciato all'Atlantico ci porta a ragguagliare l'antiche credenze dell'isola del paradiso con la credenza medievale sull'aldilà, da dove vengono i santi sorcando l'oceano su barche di pietra.
Comunque la leggenda ci racconta che l'Apostolo Santiago, nel suo pellegrinaggio per queste terre, si sostò a Muxía per predicare e supplicare al Signore che fermasse l'ostilità tra i popoli, laddove vide venire la Vergine su una barca di pietra guidata dagli angeli, comunicandogli il successo delle sue preghiere e chiedendogli il suo ritorno a Gerusalemme, in gratitudine l'Apostolo fece erigere un altare in un grotta sotto le roccie lì vicine. Di tutto questo lo attestano le tre pietre sacre che ciascuna ha un suo rituale: *A Pedra dos Cadrís(it.:reni)* che simboleggia la barca, *A Pedra de Abalar(it.:dondolare)* ch'è vela e *A Pedra do Temón* ch'è timone.

martedì 4 novembre 2008

Vermicelli con Bovini galiziani

Il libro *Vacas: dignificación sexual e gastronómica* illustrato dal fotografo Xurxo Lobato e scritto dal cuoco italogaliziano Flavio Morganti, proprietario del ristorante Galileo e uno dei sostenitori del marchio Crianza del Mar ha appena vinto il premio alla migliore copertina assegnato all'ultima fiera del libro di francoforte tra oltre una centinaia di libri gastronomici del mondo concorrenti. Questo libro edito dalla casa editrice Everest un anno fa ha già vinto sette premi dei quali vari sono internazionali: i Gourmand World Cookbook Awards 2007, creati nel 1995 da Edouard Cointreau così come alla migliore fotografia nella London Book Fair 2007. Il libro in cui collaborano anche Martín Berasátegui, Cristino Álvarez e lo psicogastronomo Yves Sinclais è, come il titolo stesso accenna, un'apologia per ridare il protagonismo che ha svolto la carne di vacca nella gastronomia europea durante secoli in conforto di quella del bue, che secondo lo stesso cuoco ne riferisce, la cosidera una frode alimentare perché "non ci sono assai buoi veri per tante code di bue" perciò il libro da 69 ricette lascia l'ultima la 69, appunto, ad una ricetta elaborata con carne di bue in chiave sessuale, seguendo l'originale ricetta del XVI-esimo secolo, creata dal cuoco segreto del papa Pío V, Bartolomeo Scappi. Il cuoco nel libro ci mostra anche l'origine e la storia delle 31 razze di vacca in pericolo di estinzione, che lui stesso lotta perché non accada la loro scomparsa.

domenica 2 novembre 2008

Pieghevole(Leaflet) XIV: Collezione Blanco de Lema

Questa collezione è esposta nell'edificio prima conosciuto come *Escola de Nenas*, situata nel centro del villaggio di Cee (C) ed è composta in gran parte da strumentali scientifici e una vasta raccolta di minerali e fossili ben conservati nei laboratori di questo antico liceo del XIX secolo che adesso è la sede della fondazione del filantropo Fernando Blanco de Lema che nacque nel 1796 ed emigrò a Cuba da giovane dove fece l'industriale ammassando una grande fortuna la quale al morire elargì al paese con la pretesa che diventasse un centro educativo in cui l'educazione fosse gratuita. Sin dall'inizio la scuola, in cui s'impartivano studi umanistici ed tecnologici, contò anche con un magnifico giardino botanico e un'accurata biblioteca da migliaia di volumini.

giovedì 30 ottobre 2008

Alzatevi e andatene



Ogni terza domenica di settembre alle dieci del mattino parte, di solito, dalla chiesa di Santiago da Pobra do Deán sita nel villaggio di A pobra do Caramiñal (C), una delle più strabilianti processioni della Galizia che raduna oltre 40mila persone tra devoti, offerenti, accompagnatori e curiosi, si chiama il corteo delle sindoni(gz.: das mortallas) ovvero la *Festa do Divino Nazareno* santo onorato dai molti fedeli suoi che vedendosi alle porte della morte sono riusciti a scamparsi grazie alla sua mediazione.

Un lungo corteo di oblatori o risuscitati indossando sai(gz.:saios) viole stretti con una cordicella e candela in mano, immitando così l'immagine del santo, vanno ciascuno dietro la sua bara(gz.:ataúde o cadaleito) (in affitto) portata da quattro familari e accompagnato dagli amici e vicini, poi percorrono le viuzze del paese dietro l'immagine di *Noso Pai Nazareno*. I bambini anche partecipano con veste e bare bianche, altri penitenti vanno scalzi portando il cero ringraziandogli i favori recivuti nella vita.

Questo rituale di risorgimento, insieme a quello che si fa a Ribarteme(PO) il giorno di Santa Marta (29Luglio) sono gli unici riti del genere che si fanno nella Galizia, è un atteggiamento rispettoso e familiare nei confronti della morte propria della filosofia tradizionale galiziana a differenza d'altre culture che possono considerarla macabra. Questa sagra servì di spunto a Ramón Mª Valle-Inclán per scrivere *Viana del Prior*.

Questa manifestazione religiosa risale al XV-esimo secolo quando, secondo la leggenda, il villaggio era governato da Xoán de Liñares che non mancava a nessuna sagra in rappresentanza della sua carica, ma un anno alle vigilie della festa gettò in una grave malattia e decise di conservare la sua vita affidandosi al Nazareno, pregandogli di scamparsene e di rimandare il fin di vita. Allo stesso tempo nel villaggio si fermarono dei banditi, assaltatori di cammini, che dopo aversi dichiarati colpevoli dei reati furono condannati a pena di morte. Però il Nazareno esaudì le preghiere del sindaco, tanto aveva già la bara e la sindone che chiese ai quattro pregiudicati di portare la sua bara in corteo insiguiti da lui con un gran cero in mano. Alla fine della processione e all'atrio della chiesa l'oblatore fece graziare i malviventi.

martedì 28 ottobre 2008

Catasós, una scampagnata


Negli intorni boschivi di Lalín che servirono proprio a ispirazione della scrittrice Emilia Pardo Bazán nel suo romanzo "Los pazos de Ulloa" si trova la *Fraga de Catasós* nella parrocchia di Santiago de Catasós, dichiarata monumento naturale nel 2002, è un ammasso boschivo da 4,5 ettari incastrato tra monti ondeggianti e affollato di quercie e dei castagni che possono raggiungere i 3o metri e 5 metri di diametro considerati gli esemplari più alti dell'europa. Questo folto ecosistema di oltre 200 anni d'età in cui convivono licheni, muschi, insetti e uccelli da affiatare insieme un ventaglio di colori e suoni che prende il suo massimo splendore ad autunno lasciandoci una falda ocre di foglie stecchite per cui trascorrono diversi sentieri, ce ne uno che collega il rigoglioso bosco col Pazo de Quiroga scenario del suddetto romanzo, è veramente un giardino botanico dove si può gridare un evviva per la natura. Vicino di lì si trovano inoltre dei reperti archeologici come un castro e dolmen, così come il Pazo de Donfreán del secolo XVIII appoggiato su una vedetta da dove si guardano altre due parrocchie (gz.:freguesias) Donsión e Donramiro dove anticamente ci furono castelli e pazos appartenuti, secondo la leggenda, a tre nobili (gz.:fidalgos) che si spartirono tra loro queste terre.

domenica 26 ottobre 2008

Pieghevoli(Leaflet) XXIII: Museo Ramón María Aller

A Lalín (PO) si trova il museo dedicato al sacerdote e astronomo Ramón Mª Aller Ulloa proprio quel che ha un cratere della luna a nome suo, nato a questo paese in 1878, il museo è l'antica residenza del XIX secolo dell'illustre personaggio in cui lui installò il primo osservatorio astronomico della Galizia, quindi i fondi museali sono gli strumenti impiegati nei suoi compiti dal scientifico insieme ai diversi documenti, libri e fotografie esposti in vetrine.
Il museo da 2 piani innaugurato nel 1989 condivide anche lo spazio museale con un altro famoso paesano Joaquín Loriga y Taboada uno dei pionieri dell'aviazione spagnola e il primo in adoperare l'autogiro inventato dall'ingegnere Juan de la Cierva, ma il museo espone anche 37 dipinti d'un altro figlio di lalín Laxeiro con cui si può ammirare la sua evoluzione artistica.

venerdì 24 ottobre 2008

L'eroina della giustizia sociale

La sua inquietudine nei confronti degli assunti sociali e la carità fa confusione se ammirarla per la sua produzione letteraria, ma non lascia dubbi che questa donna Concepción Arenal avvocatessa penalista, scrittrice, sociologa e giornalista fu una delle menti più brillante del XIX secolo.
Sebbene visse una vita affascinante era piena di stenti e sciagure oltre ad aver vissuto tempi convulsi: il regno di Isabel II, La I reppublica, le guerre Carlistas e il ripristino di Alfonso XII. Nata a Ferrol in 1820, a 9 anni suo genitore militare di pensiero liberale venne imprigionato e morì 2 anni dopo, poi senza risorse economiche lei, sua madre e sorellina si traslocarono a Madrid. In 1841, dopo la morte di sua madre, decise di studiare diritto carriera questa vietata alle donne fino al 1910, comunque prese la decisione e frequenta le lezioni come ascoltatrice presso la facoltà di diritto dell'Università Centrale travestita in abito virile indossando redingote e cappello a cilindro così non lasciò sfuggire qualsiasi sagoma femminile soltanto la tenerezza della sua sacra coscienza, presto prese il motto del "giovanotto misterioso".
In 1848 sposò l'avvocato e scrittore Fernando García Carrasco ambedue cominciarono a collaborare col giornale "La Iberia" di lì a poco la Arenal pubblicò il suo primo libro: "Fábulas y Romances", ma la felicità non le raggiunse ancora, il suo marito morì 9 anni dopo lasciandola con i loro 3 figli. La sua inarrestabile grinta la spinse a continuare il lavoretto firmando gli articoli col nome del suo defunto marito e accettando la metà dello stipendio, ma l'obbligatorietà d'identificare gli autori degli articoli sancita da una nuova norma e dal timore del direttore di riconoscere che la guida editoriale era una donna, la licenziò.
Fu allora quando decise di ritornare alla Galizia e si stabilì a A Coruña, cominciò a scrivere dossier prensentandoli in congressi penitenziari internazionali e le sue tesi di carattere sociologico e giudiziario sono tradotte a varie lingue.
Su diversi articoli di stampa denunciò le pessime condizioni del sistema penitenziario spagnolo e anche i gravissimi difetti funzionali degli ospedali, per questo fu nominata in 1864 visitatrice generale di prigioni, ma anche non badò a inchiostro sulla educazione: " L'educazione che si dà alle ragazze in Spagna è l'arte di perdere il tempo"_scrisse lei.
In 1870 insieme alla corugnesa Juana de la Vega, contessa de Espoz y Mina fondono "La voz de la caridad" una rivista incentrata in temi penitenziari e beneficenzia.
Il 4 Febbraio 1894, questa penalista profondamente cattolica, morì a Vigo con gran omaggio e d'allora non c'è nessuna città della Galizia che non abbia una strada a nome suo.

mercoledì 22 ottobre 2008

Le Gualchiere di Vimianzo


Nel luogo chiamato Mosquetín nella parrocchia di Salto, comune di Vimianzo (C) si ergono sulla riva del fiume Grande do Porto, incastrati in una rigogliosa vegetazione, dei mulini e delle gualchiere o follatrici(follone) (gz.:batáns o folóns), un insieme etnografico tradizionale della *costa da morte*. Di *Os batáns de Mosquetín* non se ne sa la sua antichità, ma un documento del catasto li datano 1753, di recente sono stati restaurati e sono i migliori conservati della zona che hanno delle caratteristiche particolari, stanno dentro un recinto murato a secco e sono 3 i folloni e 3 macinatori le macchine azionate idraulicamente, quando di solito li troviamo isolate accanto i ruscelli della Galizia.
Questi congegni popolari, apparsi già nell'europa medievale, erano utilizzati dai vicini delle comarche di Terra de Soneira e Bergantiños per macinare il loro grano e per fare la follatura ai tessuti di lino(gz.:liño) o di mistolana (gz.:la) che producevano loro, cioè, i martelli o magli(gz.:mazos) pendolari azionati da un albero a camme movimentato grazie all'energia erogata da una ruota a pale spinta dall'acqua canalizzata tramite un sistema di canali, battano e pestano(gz.:mazar) i tessuti inzuppati d'acqua, cosi con questo trattamento si toglie le spigolosità e le impurità, ammorbidendo e conferendo compatezza soprattutto alle coperte da letto tessute in massa nella comarca (vedi qui per saperne di più). Queste follatrici di Mosquetín doverono essere importanti in Spagna perché fino al 1966 non cessò la sua attività.

Ne parlano molti libri, l'ultimo a cura di Xosé Mª Lema Suárez è una breve guida intitolata *Batáns e muiños do Mosquetín(Vimianzo)* edita dal *Seminario de Estudos Comarcais da Costa da Morte* in cui si spiegano la storia, tipologia, meccanica, processi di follatura il tutto arrichito da disegni, mappe e foto oltre ad un capitolo dove si segnalano le distante referenze letterarie in cui i folloni sono presenti, dal libro di Ken Follet I pilastri della Terra (1989) al Don Chisciotte della Mancia (1605) di Cervantes il quale dedica il XX capitolo da 16 pagine ai Batanes invece che le due pagine all'indimenticabile episodio dei mulini a vento.

lunedì 20 ottobre 2008

Audiostorie

Questo è un mio piccolo contributo all'VIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, una raccolta di 22 siti da dove ricavare audiostorie per far i nostri dettati ed impararne:

  1. Favole di Jean de La Fontaine da Librox recordings.
  2. Le straordinarie avventure di Fulvia Bianchi: una pecorella smarrita a Venezia una audiostoria da 21 capitoli.
  3. Lettura accessibile: audioracconti brevi dei grandi della letteratura.
  4. AudioFavole a cura di La cartella bella.
  5. Racconti d'Europa una raccolta di fiabe a fumetti animati.
  6. Teatroescuola presenta varie storie audibili.
  7. Qui potete sentire le favole dei fratelli Grimm e leggerne altre.
  8. Storie di Hans Christian Andersen, un sito come il precedente.
  9. Per quelli che amino la poesia c'è Suoni Poetici.
  10. Fiabe a cura dell'associazione culturale La giubba.
  11. Il Narrastorie.it ci porta un sacco e sporta di audiofiabe.
  12. La Radio Emilia-Romagna ha in onda Racconti d'Autore in cui si legge e s'ascolta a puntate brani d'un romanzo.
  13. Il Narratore.com il gran portale degli AudioLibri.
  14. Romanzi scaricabili da ALK libri.
  15. Progetto Babele una rivista letteraria ci permette scaricare alcuni audio.
  16. Gli e-Book di alcuni dei romanzi di Emilio Salgari sono presenti da scaricare libremente in questa Biblioteca Salgariana.
  17. Per gli avventurieri non può mancare Audiolibri Corsari.
  18. Edizioni scolastiche Bruno Mondadori ci porge in audio la sua collana *I Regni e le Città*.
  19. Audioracconti tratti dai libri di Marsilio editori.
  20. Alcuni audioracconti a cura di francescodebenedetto.it
  21. Audiolibri.it ci offri alcuni romanzi.
  22. Dall'erba voglio possiamo seguire le fiabe musicali.

sabato 18 ottobre 2008

Pieghevoli(Leaflet) XXII: Il Parco Archeologico di San Rocco

Su una collina del comune di Riveira affacciata alla Ria de Arousa, c'è il *Parque Periurbano de San Roque* dove si ricreano tutto quello che lasciarono per terra i nostri antenati: un abitato castreño, dolmen e petroglifi, ma ci sono altri elementi etnografici propri della galizia come colombaia e granaio, abbinando così storia e ozio. In questo museo tematico all'aperto da 175mila mq circondato da una folta boscaglia di pini e quercie intaccata da sentieri si esibisce la replica del famoso dolmen di Axeitos un monumento funebre che si trova nella parrocchia di Oleiros, qui si è anche allestito un villaggio prerromano, c'è un meraviglioso belvedere sulla Ria e il centro d'interpretazione da dove partono sentieri per far visita ai diversi giacimenti superstiti nella comarca di Barbanza nonostante i mille d'anni d'erosione ad esempio il petroglifico *A pedra das cabras*, inoltre vicino da qui si trova il belvedere della *Pedra da Rá* con magnifiche vedute sul Parco Naturale di Corrubedo.

giovedì 16 ottobre 2008

Un GPS cartaceo ancora vigente

Al Pantheon dei Galiziani Illustri presso la chiesa di San Domingos de Bonaval stanno seppelliti non solo famosi scrittori e personaggi della Cultura Galiziana: Castelao o Rosalía, ma anche uomini delle scienze come Domingo Fontán Rodríguez che fu un gran matematico e geografo ricordato in tutta la Spagna per essere l'autore della prima mappa mai realizzata nella penisola iberica con rigore scientifico la "Carta Xeométrica de Galicia" stampata a Parigi nel 1845.
Precisamente al *Colexio de Fonseca* a Santiago di Compostella fino al 23 novembre si tiene una mostra su quest'uomo nato a Portadeconde, comune di Portas(PO) nel 1788, intitolata "Innovación e Territorio. O legado de Fontán ao século XXI"(vedi video) allestito in gran parte grazie alla *Fundación Fontán* creata dai suoi discendenti. La esposizione è assettata in due contenuti: il primo, alla capella del coleggio, presentasi il contesto storico e sociale in cui visse il Fontàn insieme agli episodi della sua vita e della sua traiettoria tanto nel campo scientifico quanto nella docenza e politico.
Il secondo tema esposto presso il Salón Artesoado, è il più eccezionale dove si esibisce per la prima volta la sua mappa di 175 anni insieme all'immagini satellitare odierne riprese alla stessa scala, evidenziando così la ottima accuratezza della mappa cartacea, inoltre ce ne mostrano il processo d'elaborazione e revisione della mappa tra i venti anni d'impegno, la mappa è stata appunto una impresa rivoluzionaria nella cartografia spagnola ed europea d'allora perché oltre l'affascinante lavoro di campo da lui svolto, adopera metodi matematici di triangolazione fin allora impiegati solo nelle cartografie nautiche.
Fontán stava convinto che un paese senza una buona mappa non poteva svilupparsi, cioè, senza essa non ci potrebbero tracciare strade, ferrovie neppure strutturare il suo territorio, con questa pretesa incominciò a disegnare la mappa con la quale la Galizia si guidò fino alla seconda repubblica. Fontán prese, dunque, dalla *Torre da Berenguela* della Cattedrale di Santiago il vertice del primo triangolo e da qui camminò per tutta la Galizia durante 17 anni: dal 1817 al 1834, salì su ognuna delle montagne per prendere mesure bariche, discese per tutte gli spartiacque e visitò ogni villaggio e irregolarità del terreno non solo della Galizia, ma i territori prossimi Asturias, León, Zamora e Portogallo referenze indispensabili da disegnare infrastrutture di collegamento con la montusa Galizia. La mappa cartacea, si può ancora dire che vigente, rappresenta una vera sorgente storica della toponomastica galiziana in cui si raccolgono oltre 6mila toponimi e 3.800 nomi di parrocchie.
Finita la mappa e presentata alla corte, però la sua pubblicazione fu anche un tanto complicata perché oltre le limitazioni tecniche d'allora in Spagna non si trovava un fidato stampatore e con esperienza in grado di riprodurla, questo fatto costrinse Fontán a recarsi a Parigi dove lavora insiemme a L. Bouffard uno dei migliore tipografi dell'epoca. Finalmente nel 1845 i galiziani poterono vedere la globalità del nostro territorio riprodotta su una carta.

martedì 14 ottobre 2008

La Tenzone Galiziana

A Regueifa è una particolare manifestazione artistica della Galizia, genuina espressione della poesia popolare galiziana che si tramandò dal medioevo, ma che oggi è condannata a svanirsi se non ci prendono misure da non mozzare gli ultimi *Regueifeiros* chiamati nei paesi baschi *versolari*. Consiste in una contesa verbale per lo più tra due interlocutori, i quali esponendo tesi diverse, costruiscono a battute alterne un componimento in verso, cioè, un'improvvisazione orale. In italiano si può nominarla Tenzone che era un genere poetico della letteratura medievale.
La Regueifa anticamente stava stesa lungo la costa galiziana dalla Ria de Muros e Noia, Costa da Morte qui alcuni studiosi considerano le miniere di volframio a Varilongo (Santa Comba) il focolaio della regueifa nel secolo XX , fino al golfo d'Ártabro, ma la si poteva sentire nell'entroterra, in alcune zone della provincia di Lugo ovvero nei dintorni di Santiago, ma rimane soltanto oggi nella comarca di Bergantiño proprio come un segno della sua identità, anzi l'importanza che avevano questi stornelli, cantiche, cantastorie servirono a spunto nel risorgimento della lingua galiziana che si possono evidenziare ad esempio in "Cantares Galegos" di Rosalia.
La Regueifa, però è una parola d'origine araba che fa referenza ad una piccola pagnotta (gz.:bolo) fatta con farina di grano, uova, zucchero e strutto somigliante alla Bica di Trives che veniva disputata dai cantanti e danzatori nelle feste di nozze, dunque era un trofeo consegnato dalla sposa ai vincitori per essere spartito tra gli scapoli dell'invito, in altri casi la pagnotta era un dono (gz.:gabanza) della famiglia degli sposi a coloro che venivano alla baldoria, senza essere invitati, a cantare buoni auguri altrimenti si passava a recitare insulti. Così questo cibo diede il suo nome alle sfide rimate di durata ilimitata che si tenevano nei banchetti di nozze, improvvisazioni di tematica diversa dallo festivo, critico persino allo ferente. Sono strofe di quattro versi (quartina) di otto sillabe (ottonario) in cui rimano il secondo col quarto (rima alternata) e potevano essere eseguite al massimo da sei cantanti.
Queste gare verbali, all'inizio del XX secolo, persero i suoi vincoli con la celebrazione nuziale conquistando trattorie, recinti da festeggi, incontri culturali e celebrazioni d'ogni tipo, ma il trofeo anche mutò, dalla pagnotta si passò alle monete e in alcuni casi era invece sostituita da una gran abbuffata (gz.:lupanda) sentirsi un rimatore vincente, però, era il pregio più desiderato e soddisfacente, perché essere *Regueifeiro* oltre avere un dominio tematico, letterario e musicale bisogna sapere molto della vida del contendente o dei presenti che saranno il bersaglio delle sue armoniose battute sparate con una straordinaria agilità mentale.

domenica 12 ottobre 2008

Pieghevole (leaflet) XXI: Museo di Vilalba

Questo museo che si trova a Vilalba (LU) ci mostra la storia più antica della Galizia attraverso d'una esposizione permanente che ci guida cronologicamente per le varie culture che stavano insediate nel nord-ovest peninsulare dai primi popoli fino agli assetti romani. Come in alcuni musei della Galizia in questo centro prevale lo didattico sul solito esibizionistico, perciò le teche sono riempite da pochi oggetti da facilitarci la comprensione della storia e della preistoria oltre i pannelli introduttori d'ogni epoca. Il museo ha la collezione più basta di reperti del Paleolitico e del Mesolitico della Galizia pervenute dagli scavi promossi dallo stesso museo, ma l'istituto organizza corsi, seminari, congressi e itinerari per i giacimenti archeologici, inoltre edita varie pubblicazioni ogni anno. Dell'età della pietra ci sono materiali diversi di giacimenti del Neolitico come ceramiche e utensili di pietra levigata per gli strumenti litici. Dell'età del rame rappresentata dagli insediamenti celtiberi (cultura castrexa) troviamo esposti resti zoologici e botanici di quello che mangiavano loro e anche recipienti di argilla, vasi, elementi litici e oggetti metallici. Dell'epoca romana esibiscono oggetti in vetro, monete, anfore e certi materiali usati nella costruzione.

venerdì 10 ottobre 2008

Il Santuario del Falò di Donón

Il Castro del Facho (it.:Falò) e il suo santuario associato sono considerati al giorno d'oggi referenti nella archeologia galiziana, i suoi tre livelli di occupazione passano per un arco cronologico di vari secoli dall'età del rame, all'insediamento celtibero(gz.:castrexo) fino al santuario galaico-romano dedicato al dio Berobreo. I primi scavi in questo luogo della penisola di Morrazo erano stati fatti negli anni '5o trovandosi diversi frammenti di are di speciale rilevanza perchè la loro forma, epigrafia e gli elementi decorativi sfuggono dalla consuetudine romana, questi relitti sono parte dei 174 are ricavate dal luogo disperse tra il museo di Pontevedra e il museo municipale di Vigo “Quiñones de León”, ma sullo scavo si può anche ammirare le 74 abitazioni affiorate. I primi insediamenti risalgono, secondo gli studiosi, all'età del rame tra l'800 e il 600 a.C. individuandosi un popolato che si estese dalla vetta verso alla base di questo monte che si affaccia alla *costa da vela*, sulla sua cima si verifica la presenza d'un recinto di carattere culturale forse riservato ad uso religioso pagano. Dell'età del ferro tra il 4oo e il 100 a.C si data un villaggio munito oppure un castro galaico le cui case rintracciate e i diversi materiali da lì rilevati come: coltelli, fibule, cerchi,ecc. sono ancora in studio. Dalla metà del III secolo d.C. è quando il Monte do Facho diventa un gran santuario al dio nativo Berobreo adorazione che perdura fino al 500 d.C., bisogna puntualizzare che questo Dio non ha qualcun rapporto con Barbua Berobricu apparso in altre are galiziane. Il presto arrivo del cristianesimo a questa zona suppose un lento declino di questo culto e fu quando l'eremite incominciarono a controllare il pellegrinaggio dal preciso luogo in cui venne poi eretto una chiesa romanica e più tardi il famoso Cruceiro di Hio, il cui toponimo "do io" viene dal troncamemto di "de" più "illó" (zona paludosa), luogo per cui valicava l'unica strada verso Donón (Dononus è prerromano) sempre annegato per l'acque della sorgente di Geo costituendo così un punto di controllo naturale.

Nel XVII secolo, poco dopo dell'assalto dei turchi a Cangas, si costruì la garitta do facho da dove i vigili allertavano dell'arrivo delle navi nemiche di pirati berberi ovvero quelli anglo-olandesi tramite fumata durante il giorno e falò per la notte, da questa vedetta dunque si avvisava altri situati negli estremi delle Rias: Monteferro, Cíes, Ons, O grove, Vixán e Cabo do Home che si incaricavano di ragguagliare le notizie ai porti d'entroterra; D'allora questo impegno di sorveglianza darebbe a questa bella costa ricca in frutti del mare e *pecebes* il suo nome Costa da Vela (di vegliare=vixiar).