mercoledì 22 ottobre 2008

Le Gualchiere di Vimianzo


Nel luogo chiamato Mosquetín nella parrocchia di Salto, comune di Vimianzo (C) si ergono sulla riva del fiume Grande do Porto, incastrati in una rigogliosa vegetazione, dei mulini e delle gualchiere o follatrici(follone) (gz.:batáns o folóns), un insieme etnografico tradizionale della *costa da morte*. Di *Os batáns de Mosquetín* non se ne sa la sua antichità, ma un documento del catasto li datano 1753, di recente sono stati restaurati e sono i migliori conservati della zona che hanno delle caratteristiche particolari, stanno dentro un recinto murato a secco e sono 3 i folloni e 3 macinatori le macchine azionate idraulicamente, quando di solito li troviamo isolate accanto i ruscelli della Galizia.
Questi congegni popolari, apparsi già nell'europa medievale, erano utilizzati dai vicini delle comarche di Terra de Soneira e Bergantiños per macinare il loro grano e per fare la follatura ai tessuti di lino(gz.:liño) o di mistolana (gz.:la) che producevano loro, cioè, i martelli o magli(gz.:mazos) pendolari azionati da un albero a camme movimentato grazie all'energia erogata da una ruota a pale spinta dall'acqua canalizzata tramite un sistema di canali, battano e pestano(gz.:mazar) i tessuti inzuppati d'acqua, cosi con questo trattamento si toglie le spigolosità e le impurità, ammorbidendo e conferendo compatezza soprattutto alle coperte da letto tessute in massa nella comarca (vedi qui per saperne di più). Queste follatrici di Mosquetín doverono essere importanti in Spagna perché fino al 1966 non cessò la sua attività.

Ne parlano molti libri, l'ultimo a cura di Xosé Mª Lema Suárez è una breve guida intitolata *Batáns e muiños do Mosquetín(Vimianzo)* edita dal *Seminario de Estudos Comarcais da Costa da Morte* in cui si spiegano la storia, tipologia, meccanica, processi di follatura il tutto arrichito da disegni, mappe e foto oltre ad un capitolo dove si segnalano le distante referenze letterarie in cui i folloni sono presenti, dal libro di Ken Follet I pilastri della Terra (1989) al Don Chisciotte della Mancia (1605) di Cervantes il quale dedica il XX capitolo da 16 pagine ai Batanes invece che le due pagine all'indimenticabile episodio dei mulini a vento.

lunedì 20 ottobre 2008

Audiostorie

Questo è un mio piccolo contributo all'VIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, una raccolta di 22 siti da dove ricavare audiostorie per far i nostri dettati ed impararne:

  1. Favole di Jean de La Fontaine da Librox recordings.
  2. Le straordinarie avventure di Fulvia Bianchi: una pecorella smarrita a Venezia una audiostoria da 21 capitoli.
  3. Lettura accessibile: audioracconti brevi dei grandi della letteratura.
  4. AudioFavole a cura di La cartella bella.
  5. Racconti d'Europa una raccolta di fiabe a fumetti animati.
  6. Teatroescuola presenta varie storie audibili.
  7. Qui potete sentire le favole dei fratelli Grimm e leggerne altre.
  8. Storie di Hans Christian Andersen, un sito come il precedente.
  9. Per quelli che amino la poesia c'è Suoni Poetici.
  10. Fiabe a cura dell'associazione culturale La giubba.
  11. Il Narrastorie.it ci porta un sacco e sporta di audiofiabe.
  12. La Radio Emilia-Romagna ha in onda Racconti d'Autore in cui si legge e s'ascolta a puntate brani d'un romanzo.
  13. Il Narratore.com il gran portale degli AudioLibri.
  14. Romanzi scaricabili da ALK libri.
  15. Progetto Babele una rivista letteraria ci permette scaricare alcuni audio.
  16. Gli e-Book di alcuni dei romanzi di Emilio Salgari sono presenti da scaricare libremente in questa Biblioteca Salgariana.
  17. Per gli avventurieri non può mancare Audiolibri Corsari.
  18. Edizioni scolastiche Bruno Mondadori ci porge in audio la sua collana *I Regni e le Città*.
  19. Audioracconti tratti dai libri di Marsilio editori.
  20. Alcuni audioracconti a cura di francescodebenedetto.it
  21. Audiolibri.it ci offri alcuni romanzi.
  22. Dall'erba voglio possiamo seguire le fiabe musicali.

sabato 18 ottobre 2008

Pieghevoli(Leaflet) XXII: Il Parco Archeologico di San Rocco

Su una collina del comune di Riveira affacciata alla Ria de Arousa, c'è il *Parque Periurbano de San Roque* dove si ricreano tutto quello che lasciarono per terra i nostri antenati: un abitato castreño, dolmen e petroglifi, ma ci sono altri elementi etnografici propri della galizia come colombaia e granaio, abbinando così storia e ozio. In questo museo tematico all'aperto da 175mila mq circondato da una folta boscaglia di pini e quercie intaccata da sentieri si esibisce la replica del famoso dolmen di Axeitos un monumento funebre che si trova nella parrocchia di Oleiros, qui si è anche allestito un villaggio prerromano, c'è un meraviglioso belvedere sulla Ria e il centro d'interpretazione da dove partono sentieri per far visita ai diversi giacimenti superstiti nella comarca di Barbanza nonostante i mille d'anni d'erosione ad esempio il petroglifico *A pedra das cabras*, inoltre vicino da qui si trova il belvedere della *Pedra da Rá* con magnifiche vedute sul Parco Naturale di Corrubedo.

giovedì 16 ottobre 2008

Un GPS cartaceo ancora vigente

Al Pantheon dei Galiziani Illustri presso la chiesa di San Domingos de Bonaval stanno seppelliti non solo famosi scrittori e personaggi della Cultura Galiziana: Castelao o Rosalía, ma anche uomini delle scienze come Domingo Fontán Rodríguez che fu un gran matematico e geografo ricordato in tutta la Spagna per essere l'autore della prima mappa mai realizzata nella penisola iberica con rigore scientifico la "Carta Xeométrica de Galicia" stampata a Parigi nel 1845.
Precisamente al *Colexio de Fonseca* a Santiago di Compostella fino al 23 novembre si tiene una mostra su quest'uomo nato a Portadeconde, comune di Portas(PO) nel 1788, intitolata "Innovación e Territorio. O legado de Fontán ao século XXI"(vedi video) allestito in gran parte grazie alla *Fundación Fontán* creata dai suoi discendenti. La esposizione è assettata in due contenuti: il primo, alla capella del coleggio, presentasi il contesto storico e sociale in cui visse il Fontàn insieme agli episodi della sua vita e della sua traiettoria tanto nel campo scientifico quanto nella docenza e politico.
Il secondo tema esposto presso il Salón Artesoado, è il più eccezionale dove si esibisce per la prima volta la sua mappa di 175 anni insieme all'immagini satellitare odierne riprese alla stessa scala, evidenziando così la ottima accuratezza della mappa cartacea, inoltre ce ne mostrano il processo d'elaborazione e revisione della mappa tra i venti anni d'impegno, la mappa è stata appunto una impresa rivoluzionaria nella cartografia spagnola ed europea d'allora perché oltre l'affascinante lavoro di campo da lui svolto, adopera metodi matematici di triangolazione fin allora impiegati solo nelle cartografie nautiche.
Fontán stava convinto che un paese senza una buona mappa non poteva svilupparsi, cioè, senza essa non ci potrebbero tracciare strade, ferrovie neppure strutturare il suo territorio, con questa pretesa incominciò a disegnare la mappa con la quale la Galizia si guidò fino alla seconda repubblica. Fontán prese, dunque, dalla *Torre da Berenguela* della Cattedrale di Santiago il vertice del primo triangolo e da qui camminò per tutta la Galizia durante 17 anni: dal 1817 al 1834, salì su ognuna delle montagne per prendere mesure bariche, discese per tutte gli spartiacque e visitò ogni villaggio e irregolarità del terreno non solo della Galizia, ma i territori prossimi Asturias, León, Zamora e Portogallo referenze indispensabili da disegnare infrastrutture di collegamento con la montusa Galizia. La mappa cartacea, si può ancora dire che vigente, rappresenta una vera sorgente storica della toponomastica galiziana in cui si raccolgono oltre 6mila toponimi e 3.800 nomi di parrocchie.
Finita la mappa e presentata alla corte, però la sua pubblicazione fu anche un tanto complicata perché oltre le limitazioni tecniche d'allora in Spagna non si trovava un fidato stampatore e con esperienza in grado di riprodurla, questo fatto costrinse Fontán a recarsi a Parigi dove lavora insiemme a L. Bouffard uno dei migliore tipografi dell'epoca. Finalmente nel 1845 i galiziani poterono vedere la globalità del nostro territorio riprodotta su una carta.

martedì 14 ottobre 2008

La Tenzone Galiziana

A Regueifa è una particolare manifestazione artistica della Galizia, genuina espressione della poesia popolare galiziana che si tramandò dal medioevo, ma che oggi è condannata a svanirsi se non ci prendono misure da non mozzare gli ultimi *Regueifeiros* chiamati nei paesi baschi *versolari*. Consiste in una contesa verbale per lo più tra due interlocutori, i quali esponendo tesi diverse, costruiscono a battute alterne un componimento in verso, cioè, un'improvvisazione orale. In italiano si può nominarla Tenzone che era un genere poetico della letteratura medievale.
La Regueifa anticamente stava stesa lungo la costa galiziana dalla Ria de Muros e Noia, Costa da Morte qui alcuni studiosi considerano le miniere di volframio a Varilongo (Santa Comba) il focolaio della regueifa nel secolo XX , fino al golfo d'Ártabro, ma la si poteva sentire nell'entroterra, in alcune zone della provincia di Lugo ovvero nei dintorni di Santiago, ma rimane soltanto oggi nella comarca di Bergantiño proprio come un segno della sua identità, anzi l'importanza che avevano questi stornelli, cantiche, cantastorie servirono a spunto nel risorgimento della lingua galiziana che si possono evidenziare ad esempio in "Cantares Galegos" di Rosalia.
La Regueifa, però è una parola d'origine araba che fa referenza ad una piccola pagnotta (gz.:bolo) fatta con farina di grano, uova, zucchero e strutto somigliante alla Bica di Trives che veniva disputata dai cantanti e danzatori nelle feste di nozze, dunque era un trofeo consegnato dalla sposa ai vincitori per essere spartito tra gli scapoli dell'invito, in altri casi la pagnotta era un dono (gz.:gabanza) della famiglia degli sposi a coloro che venivano alla baldoria, senza essere invitati, a cantare buoni auguri altrimenti si passava a recitare insulti. Così questo cibo diede il suo nome alle sfide rimate di durata ilimitata che si tenevano nei banchetti di nozze, improvvisazioni di tematica diversa dallo festivo, critico persino allo ferente. Sono strofe di quattro versi (quartina) di otto sillabe (ottonario) in cui rimano il secondo col quarto (rima alternata) e potevano essere eseguite al massimo da sei cantanti.
Queste gare verbali, all'inizio del XX secolo, persero i suoi vincoli con la celebrazione nuziale conquistando trattorie, recinti da festeggi, incontri culturali e celebrazioni d'ogni tipo, ma il trofeo anche mutò, dalla pagnotta si passò alle monete e in alcuni casi era invece sostituita da una gran abbuffata (gz.:lupanda) sentirsi un rimatore vincente, però, era il pregio più desiderato e soddisfacente, perché essere *Regueifeiro* oltre avere un dominio tematico, letterario e musicale bisogna sapere molto della vida del contendente o dei presenti che saranno il bersaglio delle sue armoniose battute sparate con una straordinaria agilità mentale.

domenica 12 ottobre 2008

Pieghevole (leaflet) XXI: Museo di Vilalba

Questo museo che si trova a Vilalba (LU) ci mostra la storia più antica della Galizia attraverso d'una esposizione permanente che ci guida cronologicamente per le varie culture che stavano insediate nel nord-ovest peninsulare dai primi popoli fino agli assetti romani. Come in alcuni musei della Galizia in questo centro prevale lo didattico sul solito esibizionistico, perciò le teche sono riempite da pochi oggetti da facilitarci la comprensione della storia e della preistoria oltre i pannelli introduttori d'ogni epoca. Il museo ha la collezione più basta di reperti del Paleolitico e del Mesolitico della Galizia pervenute dagli scavi promossi dallo stesso museo, ma l'istituto organizza corsi, seminari, congressi e itinerari per i giacimenti archeologici, inoltre edita varie pubblicazioni ogni anno. Dell'età della pietra ci sono materiali diversi di giacimenti del Neolitico come ceramiche e utensili di pietra levigata per gli strumenti litici. Dell'età del rame rappresentata dagli insediamenti celtiberi (cultura castrexa) troviamo esposti resti zoologici e botanici di quello che mangiavano loro e anche recipienti di argilla, vasi, elementi litici e oggetti metallici. Dell'epoca romana esibiscono oggetti in vetro, monete, anfore e certi materiali usati nella costruzione.

venerdì 10 ottobre 2008

Il Santuario del Falò di Donón

Il Castro del Facho (it.:Falò) e il suo santuario associato sono considerati al giorno d'oggi referenti nella archeologia galiziana, i suoi tre livelli di occupazione passano per un arco cronologico di vari secoli dall'età del rame, all'insediamento celtibero(gz.:castrexo) fino al santuario galaico-romano dedicato al dio Berobreo. I primi scavi in questo luogo della penisola di Morrazo erano stati fatti negli anni '5o trovandosi diversi frammenti di are di speciale rilevanza perchè la loro forma, epigrafia e gli elementi decorativi sfuggono dalla consuetudine romana, questi relitti sono parte dei 174 are ricavate dal luogo disperse tra il museo di Pontevedra e il museo municipale di Vigo “Quiñones de León”, ma sullo scavo si può anche ammirare le 74 abitazioni affiorate. I primi insediamenti risalgono, secondo gli studiosi, all'età del rame tra l'800 e il 600 a.C. individuandosi un popolato che si estese dalla vetta verso alla base di questo monte che si affaccia alla *costa da vela*, sulla sua cima si verifica la presenza d'un recinto di carattere culturale forse riservato ad uso religioso pagano. Dell'età del ferro tra il 4oo e il 100 a.C si data un villaggio munito oppure un castro galaico le cui case rintracciate e i diversi materiali da lì rilevati come: coltelli, fibule, cerchi,ecc. sono ancora in studio. Dalla metà del III secolo d.C. è quando il Monte do Facho diventa un gran santuario al dio nativo Berobreo adorazione che perdura fino al 500 d.C., bisogna puntualizzare che questo Dio non ha qualcun rapporto con Barbua Berobricu apparso in altre are galiziane. Il presto arrivo del cristianesimo a questa zona suppose un lento declino di questo culto e fu quando l'eremite incominciarono a controllare il pellegrinaggio dal preciso luogo in cui venne poi eretto una chiesa romanica e più tardi il famoso Cruceiro di Hio, il cui toponimo "do io" viene dal troncamemto di "de" più "illó" (zona paludosa), luogo per cui valicava l'unica strada verso Donón (Dononus è prerromano) sempre annegato per l'acque della sorgente di Geo costituendo così un punto di controllo naturale.

Nel XVII secolo, poco dopo dell'assalto dei turchi a Cangas, si costruì la garitta do facho da dove i vigili allertavano dell'arrivo delle navi nemiche di pirati berberi ovvero quelli anglo-olandesi tramite fumata durante il giorno e falò per la notte, da questa vedetta dunque si avvisava altri situati negli estremi delle Rias: Monteferro, Cíes, Ons, O grove, Vixán e Cabo do Home che si incaricavano di ragguagliare le notizie ai porti d'entroterra; D'allora questo impegno di sorveglianza darebbe a questa bella costa ricca in frutti del mare e *pecebes* il suo nome Costa da Vela (di vegliare=vixiar).