martedì 30 settembre 2008

Il conservificio che cambiò tante cose...

Conservifici lungo la costa di Vilanova de Arousa
Come succede con tanti inventi, la nascita della conserva era connessa agli interessi commerciali quanto all'industria della guerra. Ai primi del XIX secolo gli stati si trovavano nella neccessità di migliorare la conservazione del cibo tanto per i larghi viaggi transoceanici quanto le spedizioni militari, difatti Napoleone indesse in 1804 un concorso d'idee con lo scopo di trovarci un sistema che mantenesse i cibi tenere a lungo, fu allora che il francese Nicolas Appert ideò la formula di lessare il cibo al bagnomaria per poi serbarlo in baratttoli di cristallo chiusi ermeticamente, scoperto il metodo si cominciò quindi ad allestire le prime industrie conserviere nel mundo, appunto, a Nantes nella Bretagna.
Prima di questo i prodotti del mare venivano conservati mediante antici e lenti metodi come l'essiccamento al sole, l'affumicatura o la salatura(gz.:salgadura) tecnica questa utilizzata intensamente nella comarca d'O Salnés, la conserva però permetteva produrre di più e in breve tempo.
A metà dell'ottocento il catalano Juan Goday Gual discendente di quelli catalani chiamati *os fomentadores* che erano imprenditori che attraversavano la penisola due volte all'anno per mercanteggiare, crearono la figura dell'incaricato e introdussero anche il salario nella Galizia , arriva all' A Illa de Arousa e cominciò a lavorare nella salatura di sardine, ma dopo un viaggio in Francia scoprì la tecnologia della conserva e si porta con sè operai specializzati francesi con cui allestì in 1879 il primo conservificio della Galizia e nel 1881 fu vsitata dal Re Alfonso XII dichiarandolo fornitore della Casa Reale, anche se a Redondela ne esisteva gli storici affermano che era una ditta artigiale di scarsa produttività, questo avvento avviò un cammino trasformatore della fisionomia urbana, paesaggistica, economica e sociale dell'orlo atlantico della Galizia. Insomma le fabbriche conserviere e tutto il suo indotto: i depuratori, le fabbriche di lattine, ecc. cominciarono a piazzarsi lungo la costa, accanto il mare per lo più sugli antici stabilimenti di salatura e introdussero un gran cambiamento sul mercato lavorativo della galizia come grandi datori di lavoro alle donne.
Per saperne di più mi raccomando far visita ai musei: Museo Massó a Bueu ovvero il Museo della associazione ANFACO a Vigo.

domenica 28 settembre 2008

Pieghevole (leaflet) XIX: Mulino del Burato_Allariz

Siamo nel piccolo paese di Allariz(OU) il più genuino(gz.:enxebre) della Galizia dichiarato monumento storico-artistico non solo dalle parecchie chiese e dalle viuzze d'origine medievale che ha, ma anche per gli insiemi etnografici che preserva radunati nel parco etnografico del fiume Arnoia come il *muiño do burato* uno spazio in cui ci mostra le attività artigianali del passato, pilastri della economia locale come la macinazione del grano(gz.:moenda) e la concietura(gz.: curtimento). Ubicato accanto al Museo del Tessuto: O Fiadoiro(it.:Il Filatoio) dove ci rende l'importanza dell'elaborazione del lino nel comune, l'edificio rappresenta fedelmente una delle costruzioni tipiche della Galizia: I Mulini, riabilitato ai primi dei '90 ci insegna come adopera un mulino con due macine, una funziona ad elettriccità erogata da un generatore mosso ad acqua e l'altra ad energia idraulica, il visitatore può anche contemplare dal vivo come si faceva la farina, perciò ci realizzano diverse attività scolastiche e divulgative.

venerdì 26 settembre 2008

Le Capanne di Suído


Oggi percorriamo lo spazio naturale di *Serra do Suído* con cime di mille metri situato tra le provincie di Pontevedra e Ourense al suo passo per il comune di Avión(OU) in cui si conservano ancora delle costruzioni popolari in pietra di gneiss a secco che servivano a rifugio di pernottamento per montanari e pastori durante le loro mansioni quotidiane d'allevamento di bestiame, la tecnica di costruzione di queste capanne(gz.:chozos) le datano tra il XII o XIII secolo nel romanico e sono testimoni di come era l'affannosa vita dei montanari, ma all'importanza etnografica delle capanne si aggiungono le piccole stalle(gz.:cortellos) annesse dove tenevano a bada i vitelli(gz.:xovencos), e i diversi sentieri acciotolati che partivano dai villaggi del municipio proprietari di esse, la cui principale economia di sussistenza si incentrava sul bestiame.
Negl'intorni d'ognuna delle costruzioni esistevano anche stabbi fatti da cumuli di pietre e l'insieme era cerchiato da lastre verticali a limitare della zona di pascoli, cioè, ogni *Chozo* era tutto uno sfruttamento agricolo allevatore.
I casolari si trovano a quota 900m sulla falda nascente delle montagne a ridosso dei forti venti approfittando anche le sue pendici per incastarle, camuffando così la parte posteriore nell'inclinazione, anzi la pendice era il pilastro d'appoggio che facilitava la sua costruzione.
L'interno dei rifugi è ridotto appena 20mq circondato a pianterreno dalle panche di pietra addossate alle grosse mura 0,8 metri da sopportare alte cariche, inoltre l'uscio è ridotto da isolare il vano, ha due finestrini laterali che servono a posti di sorveglianza per così evitare gli attachi del lupo e anche per individuare il tramonto e lo spuntar dell'alba. I lati interni dei muri sono pieni di piccole nicchie dove raccogliere cibi, abiti ed oggetti, ma gli elementi che più chiamano l'attenzione sono gli archi di sostegno del tetto aiutati dai contrafforti esterni, il tetto appunto è elaborato da grandi lastre sovrapposte e terminato da una cappa di muschi ed altri materiali in grado di dare un'ottimo isolamento termico tanto d'estate quanto d'inverno.
L'itinerario di 8chm. che il comune ha sistemato ripercorre le 7 capanne riabilitate delle 13 presenti nella zona, tra quelle *O chozo San Xurxo* e *O Chozo de Cernadas* nasce il fiume Avia, questa visita permette anche contemplare il monumento naturale *Pena Corneira* vicino ai cammini medievali del vino chiamato *Camiño Arriero* che collegano Ribadavia, capoluogo della comarca del Ribeiro, e Santiago de Compostela.

mercoledì 24 settembre 2008

Latticinio Galiziano

O Requeixo continua essendo ancora uno dei grandi dessert nella cucina galiziana dopo i formaggi DOP della Galizia: Queixo do Cebreiro, Queixo de Arzúa Ulloa, Queixo San Simon da Costa e il Queixo Tetilla. Questa prelibatezza fatta dalla cagliata o latte marcia come la chiamano in alcune comarche, ma mai la si deve chiamare Requesón perché questo viene elaborato invece dal siero del latte. L'elaborazione è semplice partendo dalla coagulazione del latte o cagliata(gz.callada) per efetto della temperatura e dai propri bacilli.
Si mette il latte di mucca in una pentola o recipiente adatto (gz.:calleiro) o meglio ancora in una pignatta (gz.:pota) e si lascia cagliare durante uno o due giorni in cucina per essere un luogo caloroso, tra l'Ascenzione e il giorno di San Luca(18 Otto.) si ricava un'ottima cagliata come dice Alvaro Cunqueiro sul suo libro culinario *A Cociña Galega*, poi quando sia rappresa e la sua superficie corrugata abbia un bruno colore, la si toglie con la schiumarola in una tazza per così agevolare il prossimo processo che è quello di colarla, cioè, asciugarla togliendole il suo siero per gravità, si versa dunque la cagliata già spannata in sacchetti di telo bianco o di lino e si appendono in un luogo fresco, ma arrivati a questo punto è preciso dire che ci sono due tipi di Requeixos differenziati dalla quantità di siero trasudato, per dirla meglio: al nord della Galizia si fa da mangiarlo con cucchiaio e al sud con forchetta, cioè, cremoso e soffice il primo, e asciutto e rassodo il secondo. E finiamo il piatto versando la cagliata asciuta su una teglia e la battiamo aggiungendo la panna smontata previamente fino a che prenda una tessitura uniforme a questo punto si può aggiungere zucchero a scelta.
Ancora d'estate in molti luoghi della Galizia si caglia il latte come bibita rinfrescante, si lascia il latte in scodella (gz.:cunca) e quando sia pronta si batte e si aggiunge zucchero e miele.
Insomma meglio di leggere è assaggiarci, perciò se vi trovate nella Galizia l'ultima settimana d'Agosto non dimenticarvi di recarvi al comune di A Capela(C) dove da anni celebra la sua festa più rinomata la *Festa do Requeixo* oppure più vicina ancora la *Festa do Requeixon e do Mel* a As Neves(PO) entro Marzo.

lunedì 22 settembre 2008

Il Basilisco galiziano


Coca o Tarasca nella mitologia galiziana è un animale mostruoso da corpo di drago e coda di serpe che vive nell'acque delle Rias e fiumi, dalla sua groppa spiccano due grandi ali somiglianti a quelle dei pipistreslli, inoltre ha quattro zampe artigliate(gz.:gadoupas) e dalla sua faccia brillano occhi terribili sopra una enorme bocca da appuntite zanne.
Il termine Coca viene di coccodrillo interpretato come una biscia: Cobra, così nasce l'essere mitologico Coquetriz attribuito al mito di Leviatano e ai miti prerromani di draghi come il classico Basilisco, mentre Tarasca dal francese tarasque e questo dal toponimo del villaggio della provenza Tarascon.


Le rappresentazioni della Coca si celebrava molto prima dell'avvento di Corpus Domini in molti villaggi della Galizia, ma quella che si festeggia a Redondela(PO), intorno al 25 maggio, è l'unica che permane il giorno del Corpus, ma col tempo perse certe caratteristiche come la di portare il drago sulle spalle di danzanti che tiravano fuori dalla bocca le loro mani per rubare vivande.
La leggenda redondelana che ci narra sull'origine della Coca, dice così:

Molti secoli fa viveva vicino a Redondela un drago che si recava alla spiaggia di fronte all'Isola di San Simón per prelevare belle fanciulle da portarsele alla sua grotta in fondo alla Ria de Vigo, quelli fatti sembravano tributi di sangue, perciò i vicini stanchi da queste atroci vicende, si radunarono in assamblea e decidono che i 24 uomini più forti e coraggiosi del paese dessero morte alla belva la prossima sua apparizione, così i 24 si allevarono nel maneggio della spada e quando la campana della chiesa squillò dando l'avviso dell'arrivo della belva questi uomini si imbatterono in una gran lotta col drago dandogli morte. I vittorisi lottatori trascinarono la bestia alla piazza e fecero baldoria, danzarono attorno tutti i paesani, le ragazze innalzarono sulle loro spalle le bimbe e gli uomini le loro spade, così nacque una delle *Danzas Blancas* della Galizia chiamata *Danza das Penlas*; C'è un'altra versione di questa leggenda che narra la metamorfosi che subisce una bella donna pentita di disprezzare l'amore d'un cavaliere che le aveva regalato un garofano rosso, la donna amareggiata pianse di continuo, poi le sorsero ali e una lunga coda, le sue carnose labbra(gz.:beizos) si trasformasero in un'orribile bocca persino i suoi pianti(gz.:bágoas) formarono il fiume Alvedosa che la trasportò al mare.

Nella Galizia c'è o ci fu altre COCAS: Betanzos (chiamato Camelo), A Coruña (Tarea), Ourense (Coquetriz), Ribadavia (Becha)

sabato 20 settembre 2008

Pieghevole (Leaflet) XVIII: Collegiata del Sar

Questo monasterio costruito nel XII secolo (1136) alle sponde del fiume Sar che nel 1548 diventò collegiata, é insieme alla Cattedrale di Santiago la chiesa compostelana che conserva i suoi primitivi delinamenti romanici. Oggi la collegiata di *Santa María a Real do Sar* dipende dalla diocesi di Santiago e ha un elevato valore architettonico che alberga nel suo interno un museo fondato nel 1975 con fondi pluridisciplinare, cioé possiede pezzi d'arte religioso quanto documenti storici e artistici come la stesura della sua fondazione rubricata dall'Arcivescovo Gelmírez.
Il Museo d'arte sacra si trova in un edificio annesso dietro il tempio in cui l'esposizione si distribuisce in tre sale, il visitatore la prima cosa che vede è una mostra di pilastri polistili (columnas pareadas) fatti dall'atelier del maestro Mateo, poi nella seconda sala può ammirare frammenti del Priorato del Sar e elementi architettonici dell'antico chiostro del XIII secolo e inoltre c'è alcune sculture barrocche come San Rocco di Montpellier della iconografia jacopea. Tra i capolavori esposti si trovano molti elementi vincolati alla vita religiosa e parrocchiale della collegiata come oggetti di oreficeria e ornamenti liturgici ad esempio una croce processionale datata 1758 o due crocifissi di José Ferreiro intagliati in legno nel XVIII secolo, nella terza sala si trovano una ampia collezione di costumi tradizionali galiziani del gruppo folclorico della collegiata. E alla fine, il percorso per il museo finisce con delle proiezioni dedicate al cammino di santiago e una visita al chiostro medievale dove si conservano ancora nove arcate del XIII, così come la chiesa di Santa María dove si osservano come le parete e i pilastri del tempio sono visibilmente inclinate a causa d'un antico allagamento del fiume perciò la struttura della chiesa venne rafforzata dai contrafforti.

giovedì 18 settembre 2008

Tra Giganti e Ciclopi

Nella mitologia galiziana possiamo trovare o almeno sentire parlare di certi esseri e personaggi di grandi proporzioni come è il caso dell' *O Olláparo* anche chiamato *Ollapín*, gli Olláparos sono ciclopi, cioè, hanno un solo occhio sulla fronte, anche se alcuni lo hanno anche nella collottola che causano il malocchio , queste creature di carattere grezzo vivono in grotte delle foreste, e gustano inghiotire persone e volatili a portata di mano di solito sposano le *olláparas* grandi, temibili come loro, ma anche governanti e le si attribuisce la cattiveria indotta sui loro mariti per commettere certi fattacci.
Esistono anche i *Xigantes* che per le loro dimensioni spaventano, ma invece sono burberi, fragili e mansueti da convercerli. Il principale lavoro che svolgono consiste in sotterrare tesori, portare enormi massi(gz.:penedos) da qua a là, ammucchiare terre per formare poggi(gz.:outeiros) e fare i solchi per cui devono scorrere i fiumi, ma tutta questa sfacchinata è ingiunsa da altri piú malvagi che se ne infischiano di quello che fanno loro. Questi Xigantes nei loro tempo di spasso giocano a lanciarsi e scagliarsi massi da una distanza di 3 km.
La leggenda mitologica più famosa che ha come protagonisti dei giganti è quella che narra la nascita della città di Coruña (Crunia) che quest'anno festeggia gli otto centenari di vita.
Coruña quando era un'isola aveva a capo il gigante Breogán che mandò a costruire al di lá del mare una torre che servesse di sorveglianza e di referimento ai naviganti. Un giorno da quella vedetta Ith, figlio di Breogán, vede in lontanaza una terra verde e chiese a suo padre di andar a riconocerla. Dopo Ith, che ci si inoltrò e mai ritorno per non obbedire suo babbo di non scavalcare del suo cavallo, i suoi fratelli percorsero lo stesso cammino e da allora tutti i popoli della sponda atlantica d'Europa siamo fratelli. Molti anni dopo quando non aveva traccia di quel torrione, arrivò a quell'isola navigando sulla sua coppa d'oro un altro gigante greco chiamato Hércules (it.:Ercole) col proposito di rubare il bestiame d'un altro gigante di tre corpi e tre teste di nome Xerión. Sull'isola litigarono durante quattro giorni senza sosta finché Hércules riuscí a mozzargli le teste d'un solo colpo, poi le seppellì e sorpra esse eresse il conosciuto torrione-faro di Hércules.
La popolarità di questo mitologico combattimento ha fatto che dal XVI nello stemma della città apparisse anche la testa di Xerión insieme alla Torre di Hércules appunto in un manoscritto conservato nell'archivio comunale datato 1552 nel quale l'Imperatore Carlos I ordinò aggiungere la giurisdizione di Bergantiños al comune di Coruña, inoltre di questa epoca si conservano i due più antici blasoni della città cesellati in pietra che originariamente rappresentavano la testa coronata di Xerión, ma poi sul XVII secolo la testa era sostituita da un teschio e ossa.
Insomma la storica battaglia tra i giganti è troppo antica e piena di elementi raccolti da precedenti leggende e tradizioni che risalgono all'epoca castreña o romana, la versione definitiva la fornisce il Re Alfonso X il saggio nel suo volume l'Historia de España scritto nel 1270-74 e dice così:

"C'era un re poderoso in Esperia (Penisola iberica) che la dominava dal Tajo al Douro(Duero) chiamato Xerión, un gigante molto forte, in modo che conquistò questo territorio alla forza e con questa costringeva agli abitanti di daziargli la metà di tutto quello che possedevano altrimenti venivano ammazzati, e per questo Xerión era detestado per tutti, e quando seppero l'avvento di Hércules, che perteneceva al linaggio dei giganti, ma d'anima bensì piatosa, gli chiedero soccorso in cambio di tutta la loro terra. Hércules gradito dalla proposta intraprese l'impresa e quando Xerión lo seppe si spostò con la sua truppa (gz.hoste) ad un posto disabitato(gz.:ermo) e dopo aver vinto e costruito la torre-faro sulle ossa di Xerión, Hércules ordinò abitare quelle terre e scrisse i nomi di tutti coloro che ci si recarono e la prima persona in arrivare fu una donna chiamata Crunia"
P.S. Gli unici olláparos giganti che ho visto finora nella Galizia sono questi facendo spaventi con i suoi bracci.

martedì 16 settembre 2008

Il Menhir di Gargantáns

Immagine del Menhir al quale gli manca la sua base che non è stata trovata
Moraña(PO) occupa un posto rilevante nella archeologia galiziana perché qui è stato scoperto il primo Menhir della Galizia, un ritrovamento che ancora oggi dopo venti anni continua a segnare eccezionalità, cioè si hanno individuato finora altri due monoliti del genere nella regione, ma il menhir, anche chiamato Lapa, di San Martiño de Gargantáns è stato il più studiato da esperti i cui risultati sono stati diffonditi in diverse pubblicazioni. Orgogliosi di un elemento che simboleggia l'eredità degli antici abitanti di questa zona, i vicini lo hanno perfino incluso nello stemma del comune. Comunque la storia del reperimento di questo megalite nel 1981 è stato per caso, perché sdraiato per terra era stato usato a limitare di fondi. Grazie allo studio del menhir si sa ch'esso era stato mosso verso la sua ubicazione attuale e anche rivelò che questo pezzo era la parte piú alta del complesso mancandogli la base mai trovata, la pietra è alta 2 metri e di forma conica irregolare e disuguale che assomiglia ad un triangolo. Una delle peculiarità del menhir è che ha delle incisioni o intagli rupestri sulla sua superficie, il quale provarebbe che servisse a riti nel 3.000 o 2.000 a.C., comunque niente si sa sull'utilità per la civiltà che lo eresse, anche se a 200 metri si trovano i primi resti collegati al Castro de Gargantáns o del Monte da Mena non schiariscono se avevano tra loro alcun rapporto. Inoltre nei dintorni, nella Serra de Ardegán al confine del comune di Campo Lameiro si sono trovati nove complessi di petroglifi con dell'incisioni poco comuni dell'età del rame.

domenica 14 settembre 2008

I Primaticci dell'Apostolo

Tradizione e fedeltà si mischiano nella famosa processione delle uve e il mais che ogni anno il 24 luglio, vigilia della ricorrenza del Santo Apostolo Santiago, i paesani della parrocchia O Burgo nel comune di Pontevedra celebrano portando sulle spalle il *Santiaguiño do Burgo* in corteo fino al fondo *A Santiña* dove, secondo la leggenda, l'Apostolo si sostò durante il suo pellegrinaggio per Galizia e benedisse i frutti del terreno, è una tradizione che perdura viva ancora oggi dopo tanti anni di storia grazie alle credenze popolari nonostante la modernità.
Narra la leggenda che quando il Santo predicava per queste terre del lerez la fame e la sete gli incalzavano e sopraffatto per la lunga camminata cercò riparo in una casa conosciuta oggi come *A Santiña*. I patroni gli diedero vitto e soggiorno da poter riprendere il pellegrinaggio e al mattino seguente una volta rifocillato, l'Apostolo riconoscente dalla amabile accoglienza benedisse la dimora e disse che da allora in poi questo appezzamento sarà quello che darebbe i primi frutti in autunno e addirittura sarebbero maturi il giorno del suo obito, così per queste date misteriosamente le uve sono pronte per la raccolta o per assaggiarle al contrario di quello che succede nei fondi vicini, ma alcuni storici opinano che l'origine di questa tradizione risale al medio evo e altri tanti affermano ha che vedere con la cristianizzazione d'un antico rito romano, di sicuro però il granoturco c'entra a posteriore.
Da allora i contadini del luogo vogliono mostrare la loro gratitudine il 24 luglio con questa processione e i fedeli ripercorrono il rione con la piccola immagine del Santo che si ferma nella casa in cui un membro dei proprietari colloca un grappolo d'uva e una pannocchia all'immagine, dopo l'omaggio i membri del corteggio assaporano le uve dando fede che l'Apostolo aveva benedetto i frutti, poi l'immagine ritorna alla chiesa questa volta, però appesantita dai miracoli del Santo e da dove uscirà ancora l'indomani per commemorare il giorno della Galizia.